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Bagnabilità ed idrofobia della torba

Aggiornamento: 28 ago

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La torba è un materiale capace di immagazzinare quantitativi di acqua straordinari. Gli sfagni che la compongono sono in grado di accumulare goccioline d'acqua tra le foglie, ma posseggono anche cellule cave, note come idrociti dove si instaurano efficienti fenomeni di ritenzione capillare. 

Non tutti gli sfagni hanno le stesse capacità di assorbire acqua. Differenze morfologiche nella dimensione, forma e disposizione delle foglie, così come nelle dimensioni degli idrociti, possono fare la differenza. La specie dei record è probabilmente rappresentata da Sphagnum imbricatum (L.), capace di immagazzinare acqua in quantità fino a 44 volte il proprio peso secco.

Mediamente, una torba di sfagno per uso orto-florovivaistico, che ha attraversato tutte le fasi industriali di preparazione all'impiego, può assorbire acqua fino a 5-10 volte il proprio peso secco. Le performance migliori si ottengono con le torbe bionde estratte in blocchi e non con le torbe nere, come comunemente si crede. 

Lo scadimento della capacità di assorbimento delle torbe orticole rispetto agli sfagni in natura è dovuto alla degradazione della loro struttura botanica, occorsa durante le lavorazioni che precedono l'immissione in commercio ed è maggiormente evidente nelle torbe "fresate", dove il disturbo è più intenso. 

Ciò nonostante, le torbe rimangono ineguagliabili nella capacità assorbire acqua ed è questo uno dei motivi fondamentali che ne ha decretato il successo.

Quando la torbe si disidratano, tuttavia, il loro comportamento cambia sensibilmente e si trasformano in materiali idrorepellenti. 

Il fenomeno è ben noto anche dal punto di vista ecologico, perché affligge i suoli torbosi tropicali, dove, a causa dei frequenti incendi, enormi superfici si disidratano fino a conseguire comportamento idrofobico, con grave pregiudizio ambientale.

Idrociti di sfagno (cellule hyaline o hyalocisti) ripresi al microscopio elettronico
Idrociti di sfagno (cellule hyaline o hyalocisti) ripresi al microscopio elettronico

Il concetto di idrofobicità è fortemente legato a quello di Bagnabilità. 

Un materiale si definisce bagnabile quando possiede la capacità di re-inumidirsi dopo la disidratazione. In termini fisici, per bagnabilità si intende lo spostamento da una superficie di un fluido da parte di un altro (il sistema è sempre trifasico).

Il tutto è governato dall’equazione di Young [γsv = γsl + γlv cosθ].

Il grado di bagnabilità è dipendente dalla tensione superficiale del liquido e dalle varie energie di interfaccia. L’angolo di contatto è compreso fra 0° (bagnabilità completa o perfetta) e 180° (assenza di bagnabilità). Una bagnatura favorevole corrisponde ad un ridotto angolo di contatto: questo dà luogo ad una situazione in cui il fluido ricopre una grande porzione di superficie. Al contrario, una bagnatura non favorevole si riferisce al caso in cui il liquido, non avendo particolare affinità chimica con l’interfaccia solida, forma su di essa delle gocce compatte, cioè con elevato angolo di contatto. 

In generale, un materiale è considerato idrofilico (o bagnabile, o dotato di buona affinità per l’acqua) quando l’angolo di contatto è inferiore a 90°. Per converso, un materiale è idrofobico (non bagnabile o dotato di scarsa affinità per l’acqua) quando l’angolo è superiore a 90°. 

La bagnabilità viene spesso espressa in termini qualitativi attraverso parametri come il WDPT (Water Drop Penetration Time), che descrive la velocità di penetrazione di una goccia d’acqua nella superficie del materiale. 



Angolo di contatto - Equazione di Young
Angolo di contatto - Equazione di Young

Contrariamente alla percezione comune, che le vorrebbe molto affini all'acqua, le torbe nere (quelle più humificate e decomposte, provenienti dagli strati profondi di torbiera), quando disidratate, assumono carattere di idrofobicità più spiccato rispetto alle torbe oligotrofiche meno decomposte (le cosiddette torbe bionde, più superficiali). 

Per mitigare gli effetti dell’idrofobicità nei substrati di coltivazione torbosi, si è affermato l’impiego di agenti bagnanti (wetting agent). 

Gli agenti bagnati sono normalmente molecole a vario grado di complessità (si tratta di normalmente di catene da C10 a C20) che hanno, come caratteristica comune, porzioni lipofiliche (generalmente idrocarburiche) abbinate a porzioni ioniche (testa di tipo anionico o cationico). Gli agenti bagnanti riescono a ridurre la tensione interfacciale solido liquido adsorbendosi con la loro catena lipofilica sulla superficie idrofobica delle particelle solide ed orientando la loro parte ionica verso la fase acquosa.

In virtù di questa proprietà, vengono spesso definiti anche come tensioattivi. 

Per l’impiego orticolo, è necessario che i tensioattivi non abbiano ripercussioni fitotossiche sulla vegetazione, ossia che non compromettano fisiologia e funzionalità degli apparati radicali con cui vengono in contatto. 

Per queste applicazioni, sono preferibili sostanze tensioattive non ioniche (prive di carica netta) che non presentino una carica netta nella testa idrofila. Questa famiglia di prodotti è stata impiegata prevalentemente negli anni novanta. Il limite applicativo era rappresentato da un rapido decadimento delle proprietà tensioattive.

I bagnanti moderni di ultima generazione hanno ovviato ai limiti di durata e possono essere utilizzati a dosaggio molto basso, nell'ordine dei 100 g per metro cubo di substrato (per i substrati ad alto contenuto di torbe nere, è opportuno incrementare la dose fino a raddoppiarla). 

Si possono impiegare sia durante la fabbricazione dei substrati, sia durante l'utilizzo colturale, abbinandoli alle pratiche irrigue e/o fertirrigue, poiché non interferiscono con l'azione dei fertilizzanti. Alcuni coltivatori di sono convenientemente abituati ad aggiungerli sistematicamente alle loro soluzioni nutritive a dosi ancora inferiori a quelle sopra indicate.

Occorre dire, che l'impiego di questi tensioattivi può essere evitato semplicemente mantenendo l'umidità della torba entro valori di sicurezza. Torbe con umidità nell'ordine del 40-50% non sono mai idrofobiche. Garantire questi livelli di umidità è però difficoltoso, poiché questi materiali sopportano un trasporto di migliaia di km, tanto più oneroso e costoso quanto più sono umidi e pesanti. Inoltre, tra il momento della fabbricazione ed il momento dell'impiego colturale dei substrati, possono trascorrere anche svariati mesi, durante i quali l'umidità, irrimediabilmente, è destinata a ridursi.

Una strategia alternativa per il controllo del fenomeno è miscelare la torba ad altri componenti organici, che manifestino un comportamento complementare rispetto alla bagnabilità. 

Volendo ordinare i principali componenti organici dei substrati di coltivazione per attitudine a sviluppare fenomeni di idrofobia, potremmo rifarci alla seguente sequenza:

Torba nera > Torba bionda > fibra di legno > midollo di cocco.

Per esempio, percentuali di midollo di cocco nella formulazione del substrato nell'ordine del 20% in volume riducono l'insorgenza di fenomeni idrorepellenza. 

Anche la fibra di legno, sebbene in misura minore, può offrire un contributo in tal senso (presenta normalmente un angolo di contatto di circa 90°).


Substrato di coltivazione con torba in miscela con midollo di cocco per la coltivazione vivaistica di fragola
Substrato di coltivazione con torba in miscela con midollo di cocco per la coltivazione vivaistica di fragola




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