I funghi saprofiti
- Paolo Notaristefano 
- 3 mag
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 28 ago

I funghi saprofiti sono piuttosto comuni nelle serre e nei semenzai e trovano nei substrati di coltivazione un ambiente favorevole alla proliferazione. In letteratura, esistono numerose pubblicazioni sull'argomento, anche a cura di giardini botanici, dove lo studio e la classificazione di questi organismi risulta più agevole.
Un valido esempio è la lista pubblicata dall'Institute of Botany in Graz (Austria) (Pidlich-Aigner et al. 2001). Nell'elenco, vengono descritti numerosi macromiceti (Basidiomiceti), autoctoni ed esotici [1].
Tra i funghi saprofitici che possono insediarsi nelle colture orticole e floricole è necessario distinguere quelli provenienti dalla torba o da altri componenti organici del substrato e quelli endemici dei luoghi di coltivazione. I primi sono certamente quelli di maggiore interesse per questo articolo. Se ne conosce un gruppo piuttosto folto.
Alcune specie appartenenti ai generi Penicillium ed Aspergillum, decomponendo la sostanza organica, determinano il rilascio di nutrienti utilizzabili dalle colture. La loro presenza può essere inoltre fonte di repressività secondaria nei confronti di patogeni terricoli. Nella torba, è inoltre segnalata la presenza di alcuni ceppi del genere Trichoderma. Le specie appartenenti a questo genere sono dei funghi comuni della rizosfera. E' dimostrato come siano in grado di instaurare un’associazione mutualistica con le piante e, mediante iperparassitismo, limitare fortemente la crescita di funghi patogeni. Questi funghi producono anche sostanze che inducono resistenze sistemiche o localizzate (stimolano la produzione di flavonoidi o antociani). Altri generi abbastanza comuni sono 𝘔𝘶𝘤𝘰𝘳, 𝘙𝘩𝘪𝘻𝘰𝘱𝘶𝘴 e 𝘗𝘢𝘳𝘢𝘴𝘰𝘭𝘢.
Una specie piuttosto frequente è Chromelosporium fulva (Peziza ostracoderma syn. Plicaria fulva) - Peat mould o Cinnamon Brown Mold, che si accresce in colonie circolari ad anelli concentrici di colore inizialmente grigio biancastro, che evolvono verso il giallo aranciato. Queste efflorescenze sono destinate a scomparire per lasciare il posto a strutture gelatinose a forma di disco del diametro di circa un cm. Lo sviluppo di micelio a formare colonie di dimensioni apprezzabili visivamente è normalmente prerogativa dei mesi primaverili ed estivi, in cui le temperature sono maggiori.
Nell'ultimo decennio, molte evidenze depongono a favore di una maggior frequenza di infezioni saprofitiche in coltura protetta. Le motivazioni sono da ricercare nella diffusione della monocoltura, nella movimentazione transcontinentale della torba e dei materiali di propagazione, nell'applicazione di protocolli di igiene molto rigidi combinata con una riduzione d'impiego dei fungicidi.
La principale negatività dei funghi saprofiti consiste nell'idrofobicità dei loro miceli, che rende difficoltoso l'assorbimento di acqua anche da parte della coltura. La competizione diretta per i nutrienti può agire sinergicamente con questo effetto, determinando ritardi di crescita, soprattutto nei semenzai. Un ultimo aspetto, poco indagato, è il possibile rilascio di micotossine.
La proliferazione del micelio avviene sulla superficie dei vasi, oppure nell'intercapedine esistente tra substrato e parete del vaso, specialmente in corrispondenza degli strati saturi basali. Analogamente, nelle torbe e nei substrati di coltivazione confezionati, il luogo preferenziale di proliferazione è l'intercapedine tra film plastico della confezione e contenuto, ove, per effetto della formazione di condensa, si verificano le condizioni termo igrometriche più favorevoli. Talvolta, è la componente legnosa degli ammendanti compostati presenti nel substrato a stimolare la proliferazione di basidiomiceti.
Lo sviluppo fungino può rendersi responsabile anche di una variazione dell'odore del substrato, oppure della formazione di colonie dalla colorazione vistosa, che, in ambito floricolo, possono far temere l'insorgenza di un danno estetico.
La presenza di questi organismi, come chiarisce la denominazione in lingua inglese di: non parassitic fungi non deve destare preoccupazioni dal punto di vista fitopatologico. Molto raramente si assiste alla proliferazione di micelio parassita (Alternariacee e Sclerotinacee). Tuttavia, la proliferazione di saprofiti può costituire un indicatore di qualità dei componenti del substrato di coltivazione.
La correlazione tra torbe che hanno subito autoriscaldamento con lo sviluppo fungino non è scientificamente dimostrata, ma sembra trovare il consenso di numerosi esperti. Sembrerebbe inoltre, che la proliferazione sia più frequente nelle torbe oligotrofiche giovani e poco decomposte, minore in quelle brune e nere, a decomposizione più elevata.
L'equazione: colonizzazione fungina = torba scadente non è tuttavia affatto dimostrabile, proprio per la natura saprofitaria di questi organismi.
Il controllo in coltura può essere affidato a fungicidi, ma soprattutto ad accorgimenti di tipo agronomico, che vanno nel possibile preferiti.
Una buona ventilazione (ottenibile anche con la maggior spaziatura dei vasi) e l'asciugatura della superficie del substrato, in molti casi, sono condizioni sufficienti a debellare le infestazioni. L'esecuzione di test predittivi su torba e substrati di coltivazione non è agevole. Alcuni protocolli, non ancora del tutto validati, si basano su test del DNA e sulla presenza di ergosterolo.
Quando si riceve torba o substrati che già manifestano la presenza di saprofiti, è opportuno decomprimere ed arieggiare il prodotto. Questi accorgimenti, associati ad una perdita di umidità, riducono le possibilità di successivo insediamento in coltura.
A coltura in corso, è utile allontanare i vasi affetti dalla proliferazione del micelio, se il numero lo consente. Molto utile è anche curare la pulizia dei dispositivi di invasatura da residui di substrato. Appena possibile, è opportuno procedere ad una igienizzazione delle superfici colturali (teli, bancali, ecc.) ove potrebbero residuare propaguli dei funghi.
Infine, eliminato il fenomeno, è opportuno procedere ad una concimazione che restituisca alla coltura gli elementi nutritivi (in particolare l'azoto) sottratti dai funghi.





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